Sigismondo ne iniziò la costruzione il 20 marzo del 1437 e ne proclamò la conclusione “ufficiale” nel 1446, un anno per lui particolarmente fortunato: ma in realtà vi si lavorava ancora nel 1454.
Il castello fu concepito come palazzo e fortezza insieme, come degna sede per la corte e per la guarnigione e come segno di potere e di supremazia sulla città.
La costruzione conserva un notevole fascino, con le sue grosse torri quadrate e le poderose muraglie a scarpa, il cui effetto originario, quando si innalzavano dal profondo fossato, doveva essere formidabile paragonabili, per la loro inclinazione e grandiosità, a piramidi.
L’ingresso verso la città, che era un terrapieno e costituito da un doppio rivellino con ponti levatoi, è ornato da uno stemma costituito dal classico scudo con bande a scacchi, sormontato da un cimiero a testa d’elefante crestato e affiancato da una rosa quadripetala. A sinistra e a destra dello stemma è scritto “Sigismondo Pandolfo” in caratteri gotici minuscoli, alti e pittoreschi.
Per Sigismondo il castello doveva rappresentare visivamente la fortezza del potere, secondo un concetto ancora del tutto medievale, realizzato necessariamente in forme tradizionali, cioè più espressionisticamente pittoresche che razionalmente armoniche; come dimostrava la mutevole prospettiva delle torri, la compattezza delle cortine merlate, l’uso costante di archi acuti e di inserti lapidei e ceramici, lo sfarzo delle dorature e degli intonaci colorati in verde e rosso (i colori araldici malatestiani) documentati dagli scrittori.
In questo suo amatissimo castello Sigismondo è morto il 7 ottobre del 1468.
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